venerdì 29 agosto 2014

LA RIBOLLITA INCANTATA: CAPITOLO CINQUE


Lo stesso giorno gli zingari erranti percorsero tutte le strade del paese, chiamando a raccolta la popolazione: “gente, festeggiate con noi la guarigione di Pantagruel! Nessuno di voi dovrà più temere di essere mangiato! Venite a congratularvi con lui e vedrete con i vostri occhi la prova della sua conversione al vegetarianesimo!”
La grande festa venne organizzata in un luogo speciale, chiamato Torre dei Sogni. Essa si trovava in un boschetto in prossimità di una rupe e il suo nome era dovuto proprio alla torretta costruita secoli fa da un nobile del posto, il quale era solito recarsi in quel luogo a “sognare” in compagnia di qualche bella fanciulla. Tutta la gente del paese accorse un po’ timorosa, tanti erano i sentimenti di paura e speranza mischiati nel loro animo. Il Magocuoco all’interno della torre creava alchimie di sapori, sprigionando profumi irresistibili. Pantagruel col faccione raggiante accoglieva gli ospiti facendo ampi gesti di saluto con le braccia e accompagnandoli alla tavola. Poco dopo che tutti si furono sistemati, due giganteschi pentoloni fumanti uscirono dalla cucina: uno per la gente di Cettardo e uno per Pantagruel. La ribollita pareva straordinaria, ma nessuno ancora osava prendere in mano il cucchiaio. Nel silenzio carico di tensione si poteva udire solo un coro di brontolìi provenienti dalle pance dei più affamati. Gli occhi di tutti erano puntati verso Pantagruel, il quale con una pala da contadino in mano mirava dubbioso l’interno dell’enorme pentolone. Alzò gli occhi per trovare gli zingari e li vide accanto a sé, poi volse lo sguardo verso la brava gente del paese e capì che, anche se tutto ciò gli fosse costato la vita, non avrebbe mangiato più nessuno di loro. Infilò la pala nel pentolone come fosse un cucchiaio, la sollevò e assaggiò quella zuppa fatta di ingredienti per procurarsi i quali i suoi amici avevano affrontato prove difficilissime (o forse no, perché Pantagruel non era affatto stupido e in cuor suo aveva capito…) e dopo aver accompagnato quel primo boccone con sette o otto cipolle intere ne prese un altro e un altro ancora, trovando quel cibo buonissimo per via dell’amore con il quale era stato creato. La gente allora si rilassò e cominciò una festa memorabile fatta di cibo, vino, canti e balli. Da quel giorno Pantagruel non mangiò più nessuno, ad eccezione dell’esattore delle tasse che ogni anno  veniva mandato dala città di Fiorense, cosicché gli abitanti di Cettardo amarono il nostro caro mostro ancora di più.

LA RIBOLLITA INCANTATA: CAPITOLO QUARTO




Durante la lunga marcia i quattro zingaroni ebbero modo di capire il piano del Magocuoco: si trattava di un inganno, anche se a fin di bene, ai danni del buon Pantagruel.

Giunti nei pressi di Cettardo, non fu difficile trovare il mostro mangiauomini. Dopo pochi minuti che si furono cosparsi il corpo di sugna, Pantagruel balzò fuori dal bosco sbavando, attirato dal profumo irresistibile di quelle salsiccette umane. “Fermo, amico! Placa la tua voracità, siamo gli zingari, tornati da te con la ricetta magica che ti guarirà!” La gioia del mostro nel rivederli fu grande: li baciò, li abbracciò e non potette esimersi dal leccarli tutti, deliziosi com’erano…    

“Carissimo Pantagruel!”, esordì il Magocuoco, “io sono Giacomo. I tuoi affezionatissimi amici mi hanno condotto qui perché io possa guarirti. Ho cucinato per te una ricetta magica con ingredienti speciali, per procurarsi i quali Shesmek, Shesbek, Alamelek e Franco hanno compiuto un viaggio pericolosissimo. Adesso, mentre io mi accingo a cucinare, essi ti narreranno le loro gesta”. Pantagruel sedeva su un tronco d’albero caduto, i gomiti appoggiati sulle ginocchia ciccione e le mani a sorreggere il viso sul quale si stava già formando un’espressione di meraviglia e stupore. Nessuno si era mai preoccupato per lui, mentre adesso queste persone avevano addirittura compiuto un viaggio rischiosissimo per aiutarlo! Il suo cuoricione già esultava: tutto l’amore rimastogli imprigionato dentro finalmente aveva rotto gli argini e tracimava allegramente verso i quattro zingari, inondandoli.    

“Io”, cominciò Alamelek, “come ben sai sono un grande acrobata: il mio compito è stato quello di recuperare per te il Pepe di Massaciuccoli, una spezia che cresce unicamente in cima ad un albero alto cento metri posto al centro di un lago la cui acqua acida è in grado di corrodere un uomo. Per recuperare una manciata di quel pepe ho dovuto tendere una corda magica dalla riva del lago fino all’albero, ho camminato in equilibrio e infine mi sono arrampicato su su fino alla cima.” Pantagruel strabuzzò gli occhioni, si battè le enormi mani sulle ginocchia e abbracciò forte Alamelek, tanto che il nostro equilibrista fu quasi soffocato dalla ciccia straripante del mostro.

Per salvare l’amico intervenne Shesbek: “e tu non sai ancora, caro Pantagruel, quel che io ho fatto per recuperare i celeberrimi cavoli della Contessa di Serristorri! Si è trattata della più grande e rischiosa impresa amorosa della mia vita. Devi sapere che la Nobildonna possiede alcune sementi rarissime, utilizzate unicamente per la mensa del Papa; il suo orto si trova dentro le mura di un castello sorvegliato da un’intera guarnigione di Guardie Svizzere. Non c’era modo di entrare. L’unica possibilità- mi sono detto- è quella di convincere la Contessa stessa a donarmi come pegno d’amore una delle sue preziosissime Verze di Capoverde e un Cavolo nero d’Abissinia. Caro Pantagruel, non puoi immaginare quanto sia stato difficile conquistare quella donna! Ho dovuto duellare contro valorosi cavalieri, ho cantato cento notti una serenata sotto la sua finestra, ho scritto tonnellate di lettere e poesie lodandone l’impareggiabile grazia e la bellezza. Ma alla fine ce l’ho fatta, tanto che adesso non faccio che ricevere cavoli da lei. Pure il Papa, vedendosi mancare le prelibatezze del suo orto, si è parecchio risentito.”

Il mostro mangiauomini era commosso, piangeva di gioia tenendosi la testona fra le mani. Apprese di come Shesmek, dopo aver scalato  il monte Olimpo, fosse riuscito a procurarsi il Pan di Giove convincendo gli Dei del cielo a donargliene un pezzo e dell’impresa di Franco, il quale raccontando storie fantastiche ai Re e alle Regine delle Corti più importanti d’Europa aveva raccolto talmente tanti doni da poter comprare per Pantagruel ben un chilo del cibo più caro al modo, i celeberrimi fagioli du Chanel che crescono unicamente una volta ogni vent’anni nei Campi Elisi a Parigi, all’ombra della Tour Eiffel.                   


                  

martedì 19 agosto 2014

il pic nic al chiar di luna di Pantagruel

Salve amici e soci,
ancora Pantagruel, ancora pic nic al chiar di luna!

Domenica 7 settembre 2014, vi aspettiamo alle 18.30 alla Torre dei Sogni, al confine fra Montespertoli ed Empoli.
Molto conosciuta fra gli empolesi, la nota torre d'avvistamento, è da sempre meta di romantiche passeggiate.
Da un paio d'estati la località è stata resa ancora più speciale grazie al contributo dell'associazione Plantago e del Comune di Montespertoli.
Ricchissima la programmazione: film, cinema sotto le stelle, spettacoli teatrali e musicali, passeggiate guidate fra i calanchi e ottimi aperitivi.
In questa atmosfera magica, serena e conviviale, ha trovato spazio anche Pantagruel per un evento aperto soltanto ai soci, un'occasione per stare insieme e salutare l'estate.
Pensiamo a tutto noi, al momento della prenotazione dovete soltanto specificare se preferite il cestino vegetariano o di carne, voi portatevi soltanto la coperta...
Per infomazioni, tesseramento e prenotazioni potete scrivere a questa mail o telefonare al 338.3118322 entro il 3 settembre.
A presto, buone vacanze

Pantagruel 

domenica 29 giugno 2014

LA RIBOLLITA INCANTATA: TERZO CAPITOLO




I quattro amici non sapevano che pesci pigliare. Passata la paura, adesso dovevano ingegnarsi per trovare un soluzione al problema di Pantagruel. Ovviamene non esisteva nessuna antropofagia coatta, né tantomeno la cura. Pensa e ripensa Franco, tutto bavoso e con i capelli perfettamente pettinati all’indietro per via delle gran leccate di Pantagruel, ebbe un’illuminazione: “amichi!” esclamò, “ve arricordate de grande magocuoco Giacomo?  Noi salvato di lui vita durante grande alluvionamento di Valacchia, sì? Forse lui può aiutare noi.” Detto, fatto. Gli zingari si misero in marcia, entusiasti di poter rivedere l’amico Giacomo dopo tanto tempo.  Percorsero mille leghe, centomila verste e trentotto centimetri per giungere fino alla sua casa. Un placido, candido fumo usciva dal comignolo, mentre un profumo caldo e avvolgente circondava la vallata tutt’intorno. Davanti agli occhi degli zingari si presentò uno spettacolo stupefacente, da ogni direzione provenivano viandanti guidati dal proprio olfatto: poveri pastori, ricchi mercanti con carovane piene di merci preziose, duchi, baroni, re preceduti da sfolgoranti drappelli, orde di mori ed eserciti crociati i quali si erano fronteggiati fino a un attimo prima. Tutta questa moltitudine di genti si accomodò rumorosa a un enorme tavolone, esteso fino a perdita d’occhio. I pezzenti sedettero accanto ai Signori, i maomettani vicino ai rabbini, le lavandaie e le principesse in mezzo ai soldati. E mangiarono, e bevvero: piatti e bevande provenienti da tutto il mondo, in modo che gli uomini potessero finalmente capire e apprezzare le usanze e le culture altrui. Alla fine del pranzo, scene mai viste! Alcuni pastori se ne andarono indossando vesti di seta pregiata regalate loro dai mercanti, guerrieri di eserciti opposti ridevano e fraternizzavano fra loro chiedendosi chi gliel’avesse fatto fare di ammazzarsi l’un l’altro, mentre i re offrivano le loro carrozze agli zoppi accontentandosi degli asini.

Gli zingari erano stupefatti e ancor più convinti di essere venuti nel posto giusto per aiutare Pantagruel. Li accolse un caldo abbraccio dell’amico: “che gioia rivedervi, giramondo! Qual buon vento vi ha portato fino a qui?” Dopo molti abbracci e sorrisi sinceri i quattro spiegarono la situazione a Giacomo, il quale ascoltò con grande attenzione e dopo alcuni minuti di silenziosa riflessione disse: “non esiste nessuna ricetta che possa tramutare un carnivoro in un vegetariano, amici.” La delusione cominciò ad affiorare sul volto degli zingari, ma Giacomo continuò: “tuttavia… Un grande cibo porta sempre con sé una storia fantastica, non è vero?” I quattro si guardarono l’un l’altro, poi cercarono Giacomo, ma non lo videro più. Sentirono un suono metallico, come di pentole riposte una sopra l’altra. Andarono verso il suono e trovarono Giacomo, il quale stava trasferendo i suoi meravigliosi attrezzi da cucina su un carro: “forza amici, è già tempo di partire. Portatemi da Pantagruel e insieme lo guariremo”.              

lunedì 23 giugno 2014

LA RIBOLLITA INCANTATA: SECONDO CAPITOLO




"Nelle mani predìco il futuro,

l’amor, la fortuna, la vita se dura,

fidatevi di me, il veggente Shesmek.


Son scaltro, son svelto,

rubo i cuori alle donne,

Shesbek, vien’ da me! Non fan che gridar.



Poi arrivo io,

cavalcando un pallone, so ottanta birilli

in ciel far rotear,

son asso acrobatico, A-la-me-lek!


Franco è nome di me,

de un lontano Paese

racconto le istorie

a  mea gente zigana

o chi vuole ascoltar”

Ilari e  fanfaroni come sempre, i quattro viandanti guidati dalla Stella degli Zingari vennero a trovarsi nelle  campagne di Cettardo. Una storia mai sentita, un’altra esibizione, un nuovo Amore o un destino ballerino: il propulsore a moto perpetuo del loro vagabondare.  Di avventure ne avevano già vissute a bizzeffe, ma non sapevano ancora che questa sarebbe stata la più incredibile e imprevedibile della loro carriera zingaresca.

Improvvisamente uno sfrascare convulso li colse di sorpresa, ma era già troppo tardi: “Buaaaahh!” l’enorme, orripilante bestia molliccia sembrava frignare, mentre con un balzo deciso e incredibilmente agile si avventò su Franco, brandendolo con i suoi enormi braccioni e annusandolo come fosse un tartufo. “Mmmm, zingarone esotico… tremendamente irresistibile, nuovo sapore!” e poi ancora in preda a singhiozzi disperati: “scusa, amico mio giramondo, ma devo mangiarti perché sento addosso a te il sapore di mille e mille spezie provenienti dai Paesi più lontani…”

Ecco allora palesarsi l’istinto di sopravvivenza di Franco, uomo avvezzo alle difficoltà e dotato di un’intelligenza straordinaria: “tu no mangia me, amico mio gigantoso. Io ha cura per tu! Salva mea vita, i solverò tuo problemo.” Gli amici, vedendo l’enorme gigante parecchio dubbioso, rincararono la dose: “sì, amico colosso. Sappiamo che non sei cattivo e soffri nel mangiare le persone, ma noi ti possiamo aiutare. Durante i nostri viaggi abbiamo imparato a curare qualsiasi male con la magia”.

“Ah, sì?”, biascicò Pantagruel mentre stava ciucciando Franco come un leccalecca, temendo di essere buggerato dai quattro volponi ma con una fiammella di speranza nascente nel cuoricione. “E come si chiamerebbe la mia malattia?” I tre amici si guardarono un po’ perplessi, non sapendo cosa rispondere, ma Shesmek fu lesto a prendere la parola: ”antropofagia coatta reversibile, Sir. Abbiamo curato pazienti come Lei nelle Americhe, in Indocina, nella Germania Orientale e perfino a Sassomarconi.” Tanto bastò affinché l’enorme cuore speranzoso di Pantagruel avesse la meglio sulla fame. Sputò Franco, cercò di pulirlo alla meglio dalla saliva e lo depositò accanto agli amici.

“Vi chiedo aiuto, amici. Tutti mi odiano, sono un reietto. Fate sì che io possa smettere di mangiare le persone e vi sarò grato per tutta la vita”. Dopo solenni promesse e abbracci i quattro amici si congedarono dal mostro, decisi ad aiutarlo, perché chi salva la vita a uno zingaro errante trova un amico per sempre.

Volete sapere come? Un po’ di pazienza…